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VISITA SIG. PRESIDENTE DELLA REPUBBLICA

15 Marzo 1992 ore 17:00

 

Il Presidente della Repubblica consegna i “Premi San Tommaso” avendo a fianco il sindaco di Aquino Antonino Grincia e il vescovo diocesano Lorenzo Chiarinelli.

 

 

Il 15 marzo del 1992, Aquino ha avuto il grandissimo privilegio di ricevere la visita del Presidente della Repubblica. La visita del Presidente, Francesco Cossiga, è stata motivata dall’invito del Sindaco a partecipare alla cerimonia di consegna del XVIII “Premio San Tommaso” agli alunni vincitori del “Premio”. In tale occasione, il Presidente ha fatto visita anche al Municipio della Città. Il capo dello Stato, proveniente dall’Abbazia di Casamari in cui in mattinata aveva assistito alla celebrazione della messa domenicale, è giunto ad Aquino nel primo pomeriggio davanti al palazzo comunale.
Lì è stato accolto dal Sindaco, dal Prefetto e da diverse altre autorità,oltre che da una considerevole folla che solo poco prima aveva saputo che il Presidente si sarebbe recato anche in Municipio.
Nella sede comunale, il Presidente dopo aver attraversato l’atrio, ha sostato per alcuni minuti nell’ufficio del Sindaco in amabile conversazione con lo stesso Sindaco e con gli altri presenti (il Prefetto Albano, il senatore Francesco d’Onofrio, il deputato Angelo Picano). Successivamente, a piedi a sorpresa, e non in auto come previsto, il Presidente Cossiga fatto segno a tante manifestazioni di simpatia si è, lungo le strade, recato alla “Sala Giovenale” dove si è poi svolta la prevista cerimonia.
All’interno del teatro, erano ad aspettarlo anche il Vescovo diocesano Mons. Lorenzo Chiarinelli, e i professori p. Battista Mondin e Sergio Cotta, che poi hanno tenuto due conferenze sul pensiero dell’Aquinate. Dopo un intervento del Vescovo Chiarinelli e dello stesso Presidente, sono stati consegnati gli attestati del “Premio San Tommaso” che gli emozionati alunni hanno ricevuto, uno per uno, dalle mani del capo dello Stato.
Al termine il Presidente Cossiga, atteso all’esterno della Sala Giovenale da una grande folla che lo festeggiava, è ripartito alla volta di Roma.
In questa occasione il Sindaco Grincia ha rivolto al Presidente della Repubblica il seguente indirizzo di saluto:

Il Sindaco di Aquino porge il saluto della città al Presidente della Repubblica Francesco Cossiga, seduto al centro in prima fila.
La cerimonia si svolge nella “Sala Giovenale”.

Signor Presidente della Repubblica,
Signori ospiti che ci onorate con la vostra presenza, è con indicibile emozione e commozione, che mi accingo questa sera a rivolgere il mio indirizzo di saluto ai partecipanti a questa manifestazione culturale che assume un significato tutto particolare per l’eccezionale presenza che rende memorabile questo momento: memorabile e storico per voi, per me certamente, per la mia Città.
Una presenza che onora la gente di questa terra e il suo figlio più illustre, quel Tommaso d’Aquino che ad oltre sette secoli dalla morte, non  cessa di attirare l’attenzione e di attivare la ricerca filosofica di illustri studiosi di tutto il mondo che in lui continuano a riconoscere il maestro di verità. E’ a questo gigante del pensiero, Presidente, che il Premio è intitolato, premio modesto per i canoni correnti, senza dubbio, ma che ha avuto il merito di coinvolgere da anni lontani, schiere di giovani studenti, nella ricerca storica, nello studio della loro terra e delle sue tradizioni, perché possano essere sempre più coscienti di quanto hanno fatto quelli che li hanno preceduti, di quanto ricco e prezioso sia il loro lascito e quanto importante sia prendere e portare avanti il testimone, in una continuità ideale che li fa per la prima volta essere in contatto con quel concetto di patria che sta tanto a cuore anche a lei, signor Presidente, ma che purtroppo, almeno in Italia, si va affievolendo in maniera sempre più tangibile.
Questo, è il nostro “premio”, istituito vent’anni fa; una spinta ad accostarsi in maniera sempre più consapevole a quell’alto valore senza il quale poco si costruisce, sia come singoli, sia come Nazione. E la partecipazione degli alunni non ha mai deluso, specialmente nell’edizione di quest’anno, che ha visto l’adesione convinta di oltre duecento alunni che si sono cimentati in lavori complessi e laboriosi, presaghi quasi, di tanto illustre evento che si svolge stasera sotto i loro occhi. Certo, il nome del premio è solo lo spunto, e non poteva essere altrimenti data la giovane età che non permette ancora di accostarsi a questa figura quasi irraggiungibile per la profondità del pensiero e l’immensa produzione intellettuale, ma nondimeno quest’annuale celebrazione è stata sempre motivo per rendere omaggio all’Aquinate attraverso l’illustrazione di punti particolari della sua dottrina, da parte di uomini di cultura che hanno trascorso anni e anni ad approfondire il suo pensiero: tra questi, gli insigni professori P. Battista Mondin freschissimo autore di una ponderosa opera su San Tommaso d’Aquino, e Sergio Cotta, da tempo, ordinario di filosofia del diritto alla Sapienza di Roma. A loro va il mio sincero ringraziamento per la disponibilità subito mostrata. Ma questa volta, la cerimonia è illuminata ed esaltata da uno studioso anch’egli conoscitore dell’opera di San Tommaso, uno studioso che è anche la più alta carica della nostra Repubblica, il Capo dello Stato, che saluto con affetto, se posso permettermi, e ringrazio dal più profondo del cuore anche a nome della cittadinanza, per aver accettato l’invito a partecipare al ricordo di San Tommaso, nella sua terra, fianco a fianco con i suoi conterranei.
A lei, Presidente, va la riconoscenza della mia gente, perché la storia bimillenaria di Aquino si è arricchita di una nuova pagina dopo le tante, scritte nel lontano e nel vicino passato. E’ in momenti come questi, che vengono prepotenti alla memoria i momenti salienti del lontano e del vicino passato: la grandezza dei secoli andati, le sofferenze dell’ultima guerra, la fiducia nella rinascita. A lei Presidente, va la riconoscenza della mia gente per l’omaggio che ha voluto fare al loro grande e venerato Santo e che viene, diciotto anni dopo quello resogli dal Papa Paolo VI in questa stessa Città, in una solenne e memorabile celebrazione.
A lei, signor Presidente, va la riconoscenza della mia gente per l’onore che ha voluto rendere alla loro città, tante volte distrutta, tante volte ricostruita e oggi, nonostante i problemi che sono comuni a tante realtà cittadine, proiettata verso un sereno e proficuo avvenire. Per parte mia, saluto in Lei l’Ospite, lo studioso, il giurista, ma saluto soprattutto il Presidente della Repubblica italiana e il Presidente di tutti gli Italiani; il presidente di ieri e quello di oggi. Saluto in Lei Presidente, il garante della Costituzione e l’uomo che sognava di portare a termine un progetto reale e non retorico di pacificazione nazionale, per superare finalmente i vecchi steccati, scacciando i fantasmi di un brutto passato vicino e lontano, in una visione altamente profetica. Saluto in Lei Presidente, il Presidente “della gente comune; della gente che lavora nelle fabbriche, che lavora negli uffici; che lavora nelle scuole; della gente che lavora sulle strade; della gente che soffre negli ospedali; della gente che prega nelle chiese”.

 

Il discorso del Presidente della Repubblica Cossiga
ad Aquino
il 15 marzo del 1992
Il Presidente della Repubblica Francesco Cossiga, il 15 marzo del 1992, nella “sala Giovenale di Aquino”, dopo le relazioni filosofiche su San Tommaso dei professori padre battista Mondin e Sergio Cotta, e prima della consegna dei “premi San Tommaso” ai ragazzi delle scuole, anche se non previsto dalla cerimonia, ha tenuto un lungo discorso “a braccio”, aiutato soltanto da alcuni  appunti presi durante gli interventi di padre Mondin e Cotta.
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Questo il testo integrale del discorso così come dalla registrazione.
“Le mie parole non sono rivolte né a padre Mondin né all’amico Sergio Cotta. Sono solito sentire le cose che loro dicono, per meglio dire, leggere le cose che loro scrivono e non sono rivolte neanche alle persone adulte che sono qui, quanto ai giovani nel ricordo che le parole di padre Mondin e dell’amico Cotta mi hanno fatto rivivere quando ero anch’io giovane.
Trovo qualche difficoltà a parlare perché so bene come ogni cosa che io dico è ipotecata da quello che sono. So bene come questa è una condanna che mi porterò, fortunatamente soltanto ancora per pochi mesi, ma che mi porto indietro da sette anni.
Mi sono chiesto, mentre sentivo padre Mondin e sentivo Sergio Cotta perché io fossi qui. Certo, c’è un motivo formale. La mia funzione è quella di essere anche una specie di grande cerimoniere dello Stato, come è stato detto una volta dal Presidente della Repubblica Francese. Tommaso d’Aquino  vale certamente la presenza del rappresentate della Nazione Italiana.
A TOLOSA SULLA TOMBA DI S. TOMMASO
Anni fa mi trovavo a Tolosa e il cerimoniale diplomatico della Repubblica si era dimenticato di dirmi che in una chiesa di Tolosa vi era la tomba di S. Tommaso. Quando viaggio ho l’abitudine di leggere le guide e mi accorsi che nel cerimoniale nulla c’era che riguardasse San Tommaso. Allora io dissi che io volevo andare sulla tomba del Santo sia per motivi personali sia perché mi sembrava strano che il rappresentante della lingua italiana non andasse a rendere omaggio a San Tommaso d’Aquino. La  cosa turbò non poco, perché bisognava avvertire i padri Domenicani che non sono più nel possesso della Chiesa e che furono molto cortesi perché vennero addirittura da Parigi ad accogliermi.
Portai un piccolo mazzo di fiori a questa spoglia tomba di Tommaso in una Chiesa altrettanto spoglia.
Ci stiamo adoperando tanto per costruire qualcosa che c’era già: l’Europa. Tommaso, certo ripeteva il suo nome da Aquino, era partito da Aquino, era stato allievo di uno che era di lingua tedesca, perché Alberto Magno era di lingua tedesca, aveva insegnato alla Sorbona, era venuto ad insegnare in Italia, qui era morto. Allora, che uno parlasse tedesco o qualsiasi altra lingua non era importante. Sono cose che abbiamo, per cui vedendo la tomba di S, Tommaso là a Tolosa capii che noi stavamo andando ad inventare non una cosa nuova, ma a ricercare qualcosa che avevamo perduto: l’Europa.
Per imparare
Stasera mi sono chiesto: ma io cosa faccio qui? Che cosa ci sto a fare? Certo sono qui a fare il gran cerimoniere dello Stato. Sono qui a soddisfare forse la vanità personale. Io diffido molto di coloro che dicono di non inebriarsi agli applausi che gli vengono tributati. Chi ha la consapevolezza di essere vanitoso e di inebriarsi agli applausi sa poi fare l’autocritica e sa ridimensionare anche il significato degli applausi che gli vengono tributati.
Chi non sa di essere vanitoso, non ha neanche questa capacità di autocritica. Io sono vanitoso, ma grazie a Dio questa vanità la so usare per essere autocritico. Allora perché sono qui? Una cosa che nella vita mi ha colpito, purtroppo a tarda età è un’intuizione che ha avuto un grande inglese che io venero molto: adesso posso cominciare a venerarlo anche perché il decreto sulla sua santità di vita è stato firmato dal Papa, che è anche un grande poeta, scrittore, filosofo e teologo, e io mi auguro, anche un Dottore della Chiesa, John Henrj Newman, il quale nelle sue tre conversioni, quelle che così vengono chiamate, fu dominato da un’idea: che vi è, sempre, in qualunque momento della vita, ma non in tutta la vita considerata nel  suo complesso, in ogni momento della vita, in ogni mese, in ogni settimana, in ogni giorno, una cosa specifica che Dio vuole da noi e soltanto da noi. Non vi è un momento della nostra vita che non abbia un significato specifico e particolare per noi in quel momento. Io dopo aver sentito padre Mondin e Sergio Cotta ho cercato di dare una risposta al motivo per cui mi trovavo qui.
Ho risposto che mi trovavo qui per imparare cose che possono essere utili al mio lavoro, fino a che potrà celebrare la festa della Liberazione.
Voi sapete che io grosso modo ho la vanità di dire che sono di quei chierici che ha tradito cioè uno di quelli che han creduto di avere una vocazione culturale e poi non l’han seguita.
Avrei voluto fare le stesse cose che ha fatto Sergio Cotta, che ha fatto padre Mondin e mi sono ritrovato, invece, a fare cose del tutto diverse. Ma dico che probabilmente era giusto che facessi queste cose.
Esperienze giovanili.
Qui ho ricordato le cose che avevo letto nella mia giovinezza.
Sergio, che è un po’ più grande di me, ha fatto un’esperienza molto più esaltante di quella che ho fatto io. Ho vissuto in una piccola città di provincia, durante il fascismo, da giovane cattolico. La rottura, la sconfitta, la liberazione, la guerra, che è stata anche guerra civile: tutte queste cose le ho vissute da una posizione fortunata perché vivevo in una famiglia laica, antifascista, repubblicana, per cui e la caduta del fascismo e la caduta della monarchia non costituirono per me nessuna rottura, ma erano cose lungamente attese e che nel silenzio non solo della casa, ma anche della parrocchia, mi erano state insegnate.
Non posso dire di conoscere S. Tommaso se non per delle raccolte che ho avuto l’ardire di comprare e le cose che ho sentito stasera sono cose che mi servono e sono cose che mi aiutano a capire; e ne dico due o tre.
Ha parlato padre Mondin della morale e Cotta ha parlato delle legge naturale. Non ha parlato espressamente della legge positiva ma ha parlato della prudenza, e la prudenza è il fondamento della legge positiva. Ebbene, io sono stato testimone privilegiato se non altro perché ho le carte che a molti di voi non arrivano delle cose epocali che sono successe in Europa.
La nuova situazione europea.
L’altro giorno sono stato alla NATO, sono andato nel quartier generale della Nato a centocinquanta metri sotto terra. Un bunker che resiste a tre megaton, vi erano cose sofisticatissime. A un certo punto è apparso in un grande schermo “Segretissimo NATO” e mi hanno fatto vedere Paperino, così per farmi ridere. Uno che vede la NATO, si chiede: “Scusi, dov’è il nemico?” Non c’è più il nemico tanto è vero che quando devono fare le esercitazioni il nemico se lo inventano, gli danno nomi inventati, perché quello che era il nemico vuole essere dalla nostra parte ed è dalla nostra parte più di quanto noi non lo siamo.
E’ molto più facile trovare filo atlantici, coi tempi che corrono, in Ungheria, in Cecoslovacchia, in Polonia ed in Russia che non trovare filo atlantici in Italia.
Abbiamo assistito al crollo del muro e un mese prima che crollasse un uomo così fino come Gorbaciov era stato a Berlino, aveva baciato sulle guance Honeker e aveva dichiarato che il muro sarebbe durato cinquant’anni. E un anno prima io avevo partecipato ad una riunione di spiriti eletti, al Consiglio di Studi Strategici e si disse: “Per carità! Questo affare durerà cinquant’anni. L’ultima a cadere sarà la Germania!” Mentre la prima a cadere è stata la Germania.
Il contributo del Papa Giovanni Paolo II
Gorbaciov ha detto che l’azione politica del Papa – l’uomo non ha molta distinzione: io direi l’azione profetica, religiosa del Papa non l’azione politica  - ha contribuito non alla caduta del comunismo – un’ideologia non cade – ma al dissolversi, alla crisi dell’utopia comunista. Io sono convinto, invece, che ciò che ha fatto cadere il comunismo sono quelle cose che hanno detto padre Mondin e Sergio Cotta. E’ proprio la morale e il diritto naturale che alla fine hanno prevalso sull’utopia comunista. Settant’anni di dittatura non hanno scalfito i principi della morale e il senso del diritto naturale degli Ungheresi, dei Polacchi, dei Boemi, dei Russi, quando la cosiddetta prudenza dell’Occidente per salvare la pace quasi rischiava di ribadire le loro catene, hanno dato loro la forza di mantenere la loro dignità di persone e di ritrovarsi. Per cui noi andiamo in Russia, in Ungheria, in Polonia e troviamo persone come noi, perché identici sono la morale e il diritto naturale.
La vittoria dei valori morali
Mi ricordo che da giovane mi chiedevo: Cos’è la morale? Un limite esterno o altro? In una sua opera Jacques Maritain dice che dobbiamo pensare alla legge morale come se fosse una legge fisica. Se io mi sporgo di là e cado, mi faccio male, perché violo una legge del mio corpo. Se violo la legge morale cioè faccio il peccato, mi faccio male, non tanto perché ci sia una sanzione “ab estrinseco”ma perché io sono fatto così e la morale non è altro che la dimensione del mio essere interno.
Il tramonto dell’utopia comunista e la caduta degli stati del cosiddetto socialismo reale è morale, è sostituire la legge naturale con principi diversi.
E’ durata un po’, ma alla fine queste cose semplici insegnate da San Tommaso hanno prevalso su Lenin, su Stalin, su Breznev, sull’Armata Rossa, sul KGB; quei principi morali che erano sentiti istintivamente dalla nonnetta, dal pope, dal sacerdote cattolico che lavorava in miniera e così via.
Il crollo dell’ideologia comunista
Noi ci troviamo certamente in un periodo di grande crisi. Ci troviamo senza nemico; prima quando non riuscivamo a fare delle cose dicevamo che c’era l’Unione Sovietica che ci minacciava. Il nostro Paese si è spaccato perché c’era il Partito Comunista legato all’Unione Sovietica che ci insidiava, trovavamo l’avversario molto comodo, perché il nemico a volte è comodissimo perché è un alibi grandissimo per quello che non sappiamo o possiamo fare.
Venuto meno il nemico, è venuto meno forse, tutto sommato, il fondamento di alcuni valori che in parte erano fondati come antidoto al comunismo, più che come adesione e consapevolezza di ciò che rappresentavano. Allora bisogna dare dei valori ai popoli d’Oriente, ai nostri fratelli italiani o di altri paesi, che in buona fede hanno creduto all’utopia comunista. E questi valori, probabilmente, per me cristiano s’hanno da ricercare nell’ambito che ci è stato indicato. Così le cose che sembrano lontanissime dall’agire politico dette da padre Mondin e da Sergio Cotta, sono invece vicinissime. Sono cose che quasi dovrebbero formare oggetto – io non vi partecipo avendo la fortuna di essere Senatore a vita, prossimo Senatore a vita – dovrebbero essere oggetto di disputa della campagna elettorale più che di tante altre questioni.
La prudenza fondamento della tolleranza
Leggendo nella filosofia di Jacques Maritain cos’era la prudenza, ho capito che la prudenza era, tutto sommato, il fondamento alla tolleranza e il fondamento anche, della regola maggioritaria. E che nella vita normale, nella vita concreta, nella vita di relazioni, nella attività, è un principio, che forse è anche di carità, usare la prudenza.
Non sempre si può fare tutto bene: vi è una frase di Pascal a proposito di rapporti tra morale, coscienza e diritto, ebbene, molte volte noi dobbiamo calare le leggi della morale e dobbiamo calare il diritto naturale nella realtà, che è anche una realtà in cui esiste il peccato e lo dobbiamo mediare attraverso la prudenza. Allora la prudenza, nell’attuale momento storico, può significare che siccome il bene non può essere imposto, ma deve essere accettato, allora ecco anche il cristiano, che crede nei valori assoluti, possa accettare la regola della maggioranza, perché è la forma della prudenza attraverso la quale si può esercitare questa sua funzione di insegnamento.
Una confessione
Io scandalizzo sempre tutti, per carità.
Vi debbo dire, per esempio che è stato per me un grosso problema votare si al referendum sul divorzio. Lo confesso, tanto è passato molto tempo.
E’ stato un grosso problema, non perché io sia a favore del divorzio, ma perché mi ero posto il principio proprio in base alla prudenza, se fosse lecito usare del potere per imporre ad altri una concezione di per sé non evidente sul piano della legge naturale del matrimonio. Però, poiché vi era stata una indicazione della Chiesa e io non ritenevo di avere conoscenze tali né di teologia morale né di diritto, da poter rifarmi al primato ella coscienza, vi debbo dire che mi sono tenuti i dubbi e ho votato per obbedienza, non credendo di venir meno alla coscienza.
Perché ho voluto dire queste cose ai giovani. Cose che sono lontanissime da quella che è la mia funzione che possono anzi sembrare, e sembreranno, un’inutile civetteria, un’ostentazione, non certamente a padre Mondin, a Sergio Cotta,  che se mi fossi presentato a dire queste cose ad un esame, probabilmente per amicizia mi avrebbero dato diciotto o ventuno.
Questo per dire come la politica è fatta di tante cose concrete, è fatta di scelte doverosamente concrete, e tutte queste cose non hanno valore per l’uomo se poi sono applicate all’uomo concreto, all’uomo che mangia, all’uomo che soffre, all’uomo che lavora, all’uomo che si sposa, all’uomo che ha figli.
Il piccolo Ratzinger
Qui mi sovviene una preghiera. Eccellenza (rivolto al  vescovo Chiarinelli), mi hanno detto, mi hanno scritto, prima di venire, che io dovevo sapere che lei è una specie di piccolo Ratzinger all’interno della Chiesa italiana e quindi dovevo fare attenzione a quello che dicevo. Ma godendo io della benevolenza del Ratzinger della Chiesa universale mi auguro di poter godere anche della misericordia del piccolo Ratzinger locale. Allora le dico che, le confesso, e spero che nessuno si scandalizzerà, che siccome io mi occupo anche di queste cose, tanto è vero che, questa è una battuta tanto per far sorridere, che l’Arcivescovo di Canterbury, dopo aver saputo che mi ero recato più volte ad Oxford e che avevo acquistato dei libri, a un nostro comune amico disse: “Ma io non ho ben capito – ero Presidente del Senato – se questo aspira ad una carica superiore o se per caso non aspiri alla mia successione come Arcivescovo di Canterbury”.
La preghiera
Vi è una preghiera che io consiglierei a tutti i politici. Perché non vi è distinzione tra i politici. Ha detto giustamente Sergio (Cotta) quando ha detto i “governanti” siamo tutti; sono io – è contestato- il Governo, il Parlamento, sono i giudici, sono tutti coloro i quali esercitano un potere che è funzionale agli altri.
Allora io voglio ricordare una preghiera che esiste in quello che è l’Ordinario anglicano dove forse molti non sanno che Tommaso Moro è considerato martire anche dalla Chiesa di Inghilterra. E’ una preghiera che io consiglio ad ogni uomo, che io consiglierei ai politici.
Un giorno ad un’alta autorità ecclesiastica ho detto: “Ma perché non cambiate il Messale romano e mettete questa preghiera che è molto più bella questa anglicana per Tommaso Moro che non quella della Chiesa?” Questa preghiera, dice: “Signore, fa che per l’esempio,” non dice “l’intercessione” per motivi di teologia, “ che per l’esempio di Tommaso Moro, tuo martire, noi privilegiamo sempre il primato della coscienza e siamo certo buoni servitori del Re, ma soprattutto buoni servitori di Dio”.

 

L’arrivo del Presidente della Repubblica al Palazzo Municipale di Aquino. Sono le 16.00 di domenica 15 marzo 1992.

 

Il Sindaco di Aquino accoglie il Presidente Cossiga appena sceso dall’auto presidenziale davanti al municipio.

 

Il Presidente della Repubblica, accompagnato dal Sindaco, entra nel palazzo municipale di Aquino.

 

Guidato dal Sindaco, il Presidente attraversa l’atrio del Municipio.

 

Un momento della visita al municipio di Aquino del Presidente della Repubblica.

 

Il Presidente della Repubblica, sosta alcuni minuti nell’ufficio del Sindaco. Lui è seduto davanti alla sua scrivania. Questa immagine è stata ripresa dallo stesso Sindaco, non essendovi fotografi all’interno dell’ufficio.

 

Il Presidente della Repubblica attorniato dai suoi accompagnatori, si appresta ad uscire dal palazzo municipale.

 

Un immagine ripresa subito dopo l’uscita dal municipio.

 

La folla all’esterno del palazzo municipale di Aquino al momento dell’uscita del Presidente della Repubblica.

 

Il Presidente Cossiga, con a fianco il Sindaco di Aquino, si avvia a piedi verso la “Sala Giovenale”.

 

Lungo le strade di Aquino, il Presidente e il Sindaco conversano amabilmente.

 

Un altro momento del passaggio del Presidente per le vie di Aquino.
Qui siamo dietro la Chiesa Cattedrale, all’imbocco di via della Libertà.

 

In via della Libertà il Presidente Cossiga e il Sindaco Grincia, si scambiano battute scherzose. Ai lati sono riconoscibili il prefetto di Frosinone Albano, e l’on. Francesco D’Onofrio.

 

Ancora un momento del passaggio in via della Libertà.

 

Nei pressi dell’ingresso nella “Sala Giovenale”, il Presidente Cossiga riceve l’omaggio di un gruppo di ragazzi vestiti in costume “ciociaro” che gli offrono in dono una coppia di “cioce”, l’antica calzatura della provincia di Frosinone.

 

Il presidente Cossiga, sottobraccio al Sindaco Grincia, s’appresta ad entrare nella “Sala Giovenale”.

 

L’omaggio delle antiche calzature da parte dei ragazzi in costume.

 

Il Vescovo diocesano Chiarinelli, saluta il Presidente della Repubblica all’interno della “Sala Giovenale”.

 

Inizia la consegna dei premi “San Tommaso” ai ragazzi delle scuole medie. Presenta Costantino Iadecola, a destra davanti al microfono.

 

Al termine del suo indirizzo di benvenuto il Sindaco Grincia saluta il Presidente.

 

Un altro momento della consegna degli attestati del “premio San Tommaso” ai ragazzi.

 

Il Presidente Cossiga consegna il premio ad un’altra ragazza.

 

Il Presidente con il Sindaco e il Vescovo sul palco della “Sala Giovenale”. A sinistra i professori P. Battista Mondin e il filosofo Sergio Cotta che poco prima hanno parlato del pensiero di “San Tommaso d’Aquino”.

 

Un altro momento degli interventi sul palco su cui ha parlato anche lo stesso Presidente Cossiga, parlando anche del pensiero di San Tommaso.

 

Il Sindaco Grincia presenta l’offerta di alcuni doni al Presidente della Repubblica.

 

Il Presidente Cossiga si appresta a lasciare la “Sala Giovenale di Aquino”.

 

All’esterno della “Sala Giovenale” c’è grande folla in attesa.

 

Fuori la “Sala”, tra due ali di folla, l’auto presidenziale è pronta per la partenza.

 

Ancora un immagine della folla in attesa dell’uscita del Presidente all’esterno della “Sala Giovenale” di Aquino.

 

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