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L’INGRESSO DEL NUOVO VESCOVO MONS. IANNONE
27 SETTEMBRE DEL 2009
Il 27 settembre del 2009, è avvenuto l’ingresso ad Aquino del nuovo vescovo diocesano mons. Filippo Iannone, che succede a mons. Luca Brandolini.
Il Vescovo, accolto in piazza San Tommaso dal Sindaco Antonino Grincia, da molti rappresentanti dell’Amministrazione civica, dal parroco e da molti cittadini, ha successivamente fatto il suo solenne ingresso nella cattedrale di Aquino.
In precedenza, nella stessa piazza San Tommaso, il Sindaco Antonino Grincia gli ha rivolto il seguente indirizzo di saluto, che qui si riporta:
Eccellenza rev.ma,
ho l’onore, a distanza di sedici anni, di dare il benvenuto a nome della città di Aquino, a colui “che viene nel nome del Signore” per riprendere il testimone come pastore di questa Chiesa, la cui origine risale al periodo eroico degli albori del Cristianesimo, l’opera di diffusione della parola di Dio e della salvaguardia della dignità dell’uomo che è un punto fondamentale della dottrina cristiana.
E’ venuto, per riprendere il testimone dei tanti Pastori che l’hanno preceduta, da San Costanzo 15 secoli fa, al Suo immediato predecessore Luca Brandolini.
Ed è sintomatico e segno di speranza che la Sua prima visita inizi davanti a questa Chiesa oggi con-cattedrale, nuovamente ricostruita dopo le tante vicende storiche che l’hanno vista coinvolta, ultima, la distruzione subita proprio quando la seconda guerra mondiale stava per concludersi.
Ed è altrettanto significativo che io sia a darLe il benvenuto in questa piazza che è intitolata al nostro grande concittadino e cuore della vita sociale di oggi, ma che racchiude tantissima parte della storia di Aquino, soprattutto della grande storia religiosa di Aquino; una piazza che ha visto nel corso degli anni la presenza di tanti suoi confratelli nell’episcopato, a cominciare, per riferirci solo al XX secolo, del cardinale Ratti nel 1921, poco prima di diventare PIO XI, ai tanti altri componenti il sacro collegio che non citerò per il loro elevato numero, anche se non posso non ricordare quella del cardinale Ursi, l’allora arcivescovo di Napoli, la sua città che qui tenne una solenne celebrazione eucaristica; né naturalmente non posso non ricordare la presenza in questa piazza del cardinale Karol Wojtyla e del cardinale Joseph Ratzinger, fino al vescovo di Roma, il Papa Paolo VI che, sempre in questa piazza nel 1974 celebrò la memoria del dottore Angelico, gloria della chiesa universale e vanto di questa terra.
Come vede perciò, Lei oggi giunge in un luogo non estraneo e dove non è solo, qui, dove sono passati tanti che hanno fatto la storia recente della chiesa e dove tante memorie, e il nome stesso della Città, richiamano colui che tanta parte ha avuto ed ha nella dottrina della chiesa.
Oggi, giunge Lei, nuova guida spirituale della nostra comunità e giunge accompagnato dalla fama di pastore aperto e disponibile al dialogo; semplice nell’atteggiamento, pastore illuminato, ma anche uomo tra gli uomini a testimoniare non solo la continuità della vita della Chiesa, ma dell’opera di carità e di solidarietà che essa ha rappresentato fin dalla sua fondazione e che anche Lei, come tutti i suoi confratelli, è venuto a continuare nel corso del suo ministero, che, come sappiamo, per un cristiano, ma soprattutto per un cristiano ordinato, è un ministero che non ha un termine temporale.
Il Suo è un ministero che ha come imperativo al primo posto, la carità, la solidarietà e l’insieme di quei grandi valori che duemila anni fa il Cristianesimo ha cominciato a diffondere per il mondo.
La saluto perciò con deferenza e rispetto, ben consapevole dell’importanza del ruolo della Chiesa e quello dei suoi singoli pastori, rappresenta anche per la società di oggi.
La saluto anche come rappresentante di quella continuità storica, unica continuità storica quella del vescovo per la nostra gente, che nel corso di un tempo così lungo, 15 secoli, non ha mai avuto interruzione; prima come pastore di Aquino, molto più tardi di Aquino e Pontecorvo; infine di Sora – Aquino – Pontecorvo.
E questa continuità storica, mi onoro di salutare anche quanti, memori di questa lunga appartenenza diocesana che testimonia un’ancor più antica comunanza di origine, quanti sono qui, memori di questo.
Mi riferisco ai cittadini di Arce, di Castrocielo, di Roccasecca, di Roccadarce, di Colle San Magno, di Santopadre, di Terelle, di Villa S. Lucia, di Piedimonte S.G., di Colfelice, con cui abbiamo una storia comune, e come dicevo, radici comuni, e oggi, problemi e aspirazioni ugualmente comuni, pur se inseriti in tutt’altra realtà.
Ma Lei non rappresenta solo la storia, sia pure storia importante; Lei rappresenta in mezzo a noi quella parte della Società che “è nel mondo ma non del mondo”, che è stata lievito in mezzo ad essa e lo è ancora oggi, in un momento particolarmente difficile quando tutto tende ad oscurarne, quando non addirittura a mistificarne l’insegnamento, che proprio oggi è ancor più necessario a causa degli infiniti messaggi dalla più svariata provenienza che non fanno più distinguere ciò che è buono e ciò che è cattivo; ciò che è vero e ciò che è falso.
Per questo oggi c’è bisogno si di messaggi positivi, ma anche e soprattutto di testimoni positivi; di testimoni credibili; questo fa di un messaggio, un messaggio diverso da tutti gli altri. “Il mondo ha bisogno di testimoni più che di maestri”, questo principio evangelico è quello che ha reso diverso il Vostro messaggio che è stato soprattutto di testimonianza e che è stato lievito per tanti popoli e per tanti secoli.
La Chiesa ha dato al mondo tanti testimoni credibili, che si sono spesi fino al sacrificio della vita; lo ha fatto il fondatore, lo ha fatto una schiera di altri testimoni in ogni angolo del mondo, una schiera che si allarga fin nella nostra epoca.
I testimoni però sono sempre meno o almeno il loro esempio oggi viene avvolto dal silenzio, mentre invece i maestri aumentano e sono tanti; ma quasi sempre sono cattivi maestri, diffusori non di una buona novella, ma di messaggi dissacranti, senza speranza e senza valori, o con valori totalmente opposti ai valori cristiani che sono ancora i nostri valori.
Avanzano questi nuovi maestri e coprono con le loro strida, spesso diffusori di odio, quanti ogni giorno sono, come Lei testimoni, e fanno del servizio agli altri la loro regola di vita, perché questa è la Vostra missione; avanzano anche contro l’insegnamento della Chiesa, per portare avanti indisturbati il progetto di un mondo senza valori, senza regole e senza doveri, dove tutto si chiede e nulla di dà.
La Chiesa, negli angoli più disparati del mondo e in special modo dove ci sono fame, malattie e violenza, offre ancora splendidi esempi di dedizione agli altri; per questo può ancora dire molto al mondo di oggi; per questo, per tanti, è ancora un punto di riferimento nella nostra società, portata alla sfiducia e allo scetticismo provocati non solo da chi semina zizzania, ma anche da chi ha mancato e manca nelle proprie responsabilità pubbliche.
Per questo, è auspicabile che la Chiesa e le Istituzioni civili continuino a collaborare; perché queste ultime, nei secoli, hanno recepito gran parte di quei principi e di quegli insegnamenti che l’hanno portata ad essere un faro anche nei momenti più bui per l’umanità. L’adesione ai suoi insegnamenti ha sempre portato anche ad una più consapevole assunzione di responsabilità nei confronti dei principi su cui si fonda uno stato democratico.
Non solo, ma la collaborazione tra Stato e Chiesa, che viene promossa anche in tanti Stati che non si riconoscono nella Chiesa Cattolica, viene ritenuta indispensabile per realizzare in comune l’opera di salvaguardia di tutti i diritti umani e la valorizzazione delle singole persone, per affrontare le grandi emergenze sociali che attanagliano tanti popoli della terra.
Anche nelle nostre comunità, queste emergenze, pur se non così drammatiche, ci sono e si fanno sentire; le nuove povertà, l’indigenza, la solitudine, l’assenza di solidarietà, avanzano di pari passo con l’avanzare degli egoismi singoli e sociali.
E’ qui che le due Istituzioni possono farsi sentire e agire di comune accordo; la Chiesa perché “esperta in umanità”, come notava un grande Papa, l’istituzione civile mediante leggi adeguate e risorse adeguate, anche se queste non sembrano essere mai sufficienti.
I campi di collaborazione sono tanti, ed io, come già fatto con chi l’ha preceduta, e in diverse altre occasioni, torno ad offrire e chiedere collaborazione perché queste, come altre problematiche più gestibili, possono essere meglio affrontate.
Mi riferisco a quelle culturali, a quelle del tempo libero, a quelle giovanili; anche con le attività che una volta erano le tipiche attività parrocchiali in cui si sono formate tante generazioni, e che oggi si sono così tanto affievolite, lasciando un vuoto che le istituzioni civili non sono in grado di colmare.
Il ricco patrimonio umano della parrocchia, con la sua capacità di essere il fulcro di tante attività giovanili e sociali, si sta disperdendo anche per l’incessante frastuono del mondo esterno che dà tanto valore a valori che non sono i nostri; che portano a conquiste che invece di avvicinare i giovani tra di loro, li allontanano e li lasciano più soli. Tanti giovani, ma non solo, in un mondo così dispersivo, avvertono ancora il desiderio e la necessità di ritrovarsi insieme, solo se avvertissero maggiore disponibilità e se tutti insieme, soprattutto con l’atteggiamento, cercassimo di non essere esempi deludenti.
E’ a questo che insieme dobbiamo tendere, perché noi abbiamo scelto di essere punto di riferimento; è a noi che si guarda, non sempre con sfiducia, come a torto tante volte noi pensiamo.
Siamo noi perciò che dobbiamo rispondere e siamo chiamati ad essere più credibili e più disponibili.
Per questo, essendo figli di una stessa cultura che affonda le radici nella formazione cristiana del nostro continente, la collaborazione non solo è possibile, ma doverosa e per questo occorre da parte di entrambi che il dialogo continui e si arricchisca, in modo da poter affrontare più responsabilmente le innumerevoli problematiche piccole e grandi che sono presenti in mezzo a noi e che Lei conosce già, venendo da una realtà molto più difficile della nostra.
E’ indispensabile perciò che quel patrimonio non solo religioso, ma umano della parrocchia di cui parlavo, non si disperda del tutto; che venga recuperata quella sua antica vitalità ed abbia nuova linfa e nuova spinta, certo conformi a metodi e strumenti nuovi, perché i tempi sono veramente diversi e tanto più complessi rispetto ad un passato nemmeno tanto lontano.
A Lei, come Pastore di questa Chiesa, l’invito a ridare vigore alle iniziative a favore del mondo giovanile, a riappropriarsi del ruolo educativo e formativo delle nuove generazioni perché siano maggiormente capaci di discernere i veri dai falsi profeti; perché capiscano che i valori dell’umanesimo cristiano hanno ancora un senso; perché oggi, molto più di ieri, è necessario un punto di riferimento a cui guardare e di cui potersi fidare.
Ma perché sia così, è indispensabile che tutti noi siamo più credibili, con la parola, ma ancor più con più con l’esempio, e soprattutto oggi, in un’epoca e in un momento storico e sociale così frastornato e così frastornante.
E’ necessario che noi cristiani impegnati nel sociale e nella politica, come anch’io mi ritengo, quotidianamente coinvolti nei problemi della gente, diamo esempi ed assumiamo atteggiamenti adeguati a quello che rappresentiamo; il momento che attraversiamo, in rapidissima evoluzione, è importante, e richiede un impegno sempre più gravoso, per tutti, ma per noi in particolar modo; gravoso ma necessario perché si possono creare le premesse per un mondo più giusto.
Perciò è grande la responsabilità che noi e Voi portiamo sulle spalle.
Perciò Padre, anche noi responsabili civili della cosa pubblica, e noi società civile, abbiamo bisogno del Suo insegnamento, del Suo esempio, ma anche del Suo incoraggiamento, per quello che è, e per quello che rappresenta; abbiamo bisogno di sentire vivi i valori che Lei porta con sé.
Per questo l’accogliamo con fiducia, disponibili ad ascoltare la Sua parola e cercando di seguire il Suo esempio.
Come ho detto, Lei qui non è solo, né è un estraneo, e trova cuori aperti pronti ad accoglierLa, non solo perché è il successore dei tanti Pastori che l’hanno preceduta sulla cattedra che fu di San Costanzo, ma perché è Padre, padre di tutti, ma soprattutto, come deve essere, degli ultimi, dei deboli, della parte più sofferente della nostra società, secondo il precetto evangelico che Lei è stato chiamato a diffondere e testimoniare tra la nostra gente; un precetto che è anche un progetto di vita che non muta, col mutare dei tempi.
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